di Francesca Ciancio
Una pizza per regione. Non manca nessuno, neanche il Molise con la ventricina piccante.
I fondatori di Pizzium hanno puntato sulle peculiarità dei prodotti dei singoli campanili italiani e hanno vinto. Una catena di pizzerie nata appena tre anni fa e che conta già sedici sedi e che mette in conto dalle otto alle dieci aperture per anno nei prossimi tempi. Un format semplice apparentemente: menu fisso, qualche proposta gastronomica che attinge sempre alla tradizione italiana, design replicabile in tutti i locali. Giovanni Arbellini, tra i fondatori della società: “ma la differenza la fa la pizza“.
L’altro socio è Stefano Saturnino, tanti anni nel food retail di Panini Durini, sottolinea il vero valore di Pizzium: “pizza alla napoletana come base, prodotti di qualità tutti elencati sul menu, impasto studiato con cura da Giovanni Arbellini – pizzaiolo e terzo socio – con lievitazione intorno alle venti ore. E tanto basilico, questa è una caratteristica di Nanni!“.
In effetti, visitando un paio di sedi, salta all’occhio il fatto che tutto è pensato – e studiato – per una funzionale replicabilità: contesto urban, arredo “caldo” e accogliente con tocchi vintage, richiami all’artigianalità con i bei piatti di Deruta. In centro come in periferia, la location poco cambia. Posizionamento tra nord e centro Italia, ad oggi non sono previste espansioni al sud. Anche il nome nasce dal quel concetto di semplicità che caratterizza il progetto.
“Trovare un nome che avesse a che fare con la pizza è oggi pressoché impossibile– sottolinea Giovanni – è già stato tutto usato. Ci siamo orientati su qualcosa che fosse facile ricordare. Da lì è nata poi anche la birrium, la nostra birra artigianale“. Niente franchising – da qui anche la scelta di non aprire sotto Firenze per seguire più da vicino il business – niente cessioni di quote e scalabilità del format. “Non abbiamo un centro di panificazione centralizzato – ma ogni sede ha la ricetta di Nanni che esegue alla lettera. Avremo invece a breve un laboratorio per offerte gastronomiche che varieranno anche su base stagionale“. Altro punto cruciale è quello della formazione. “Il monitoraggio è costante– aggiunge Giovanni –così come lo è il training, sia dei pizzaioli che dell’area manager. A ogni cambio menu si “briffa” tutti assieme“.