Enzo Coccia e un secolo di pizza Margherita

 

di Antonella Amodio

Nonostante abbia più di un secolo di età, la pizza Margherita, iconica rappresentazione gastronomica italiana, gode di una giovinezza che si proietta nel futuro, in una attualità che non vede tramonto.

Sempre sulla cresta dell’onda, sempre alla moda, con quel fascino inconfondibile che contraddistingue chi porta l’eternità come il presente. È paragonabile all’Apocalisse, ultimo libro della Bibbia, alla “rivelazione”, che – come il testo giovanneo – presenterebbe alcune difficoltà di interpretazione, se non si facesse riferimento alla storia.

Esagero forse? Non credo, stando anche alle affermazioni del pizzajuolo (lui vuole che si usi il termine antico) Enzo Coccia: “Se provi a chiedere alle persone che mangiano regolarmente la pizza, o anche agli addetti ai lavori, quali sono gli ingredienti che compongono la pizza Margherita, sarà difficile ottenere la risposta giusta”.

Eppure non dovrebbe essere così, visto che è il cibo più richiesto al mondo, quello più cercato su google e di sicuro il più amato, e che piace ad ogni fascia di età. Questo disco di pasta lievitata nasconde un mondo complesso, affascinante e antropologicamente importante: “La pizza napoletana rappresenta la storia della città di Napoli” come ricorda Enzo Coccia. La pizza è simbolo della cultura gastronomica di massa, aggiungo io, che col passare del tempo è riuscita a diventare alimento ideale per il grande pubblico, senza esclusione di ceto, rimanendo emblematica e riconoscibile allo stesso tempo.

La pizza più celebre è sicuramente la Margherita che – nonostante i tanti outsiders proposti ogni giorno da milioni di pizzaioli – rimane la regina indiscussa, creando una sorta di “sacralità” con il suo sapore caratteristico che – come dice Enzo – “di semplice non ha nulla”. Ed è proprio Enzo Coccia ad essersi aggiudicato il titolo di Margherita dell’Anno 2020 – SOLANIA AWARD e posizione 5 della Classifica Italia 2020 con La Notizia 94.

Coccia negli anni 90, nella sua bottega La Notizia 53, traccia un nuovo solco per la pizza, applicando lievitazioni più lunghe per gli impasti e impiegando prodotti di eccellenza provenienti dal territorio, iniziando proprio dai gusti classici e tradizionali, come la Margherita, portando la pizza ad un livello superiore, su quel podio di “qualità” dove non era mai stata prima. Enzo è dunque il capofila di una corrente innovativa che, da lì a poco, avrebbe contagiato tanti artigiani professionisti.

“Certo, se si intende col termine “semplice” l’impiego di ingredienti di uso comune, come il pomodoro, il fior di latte (o la mozzarella di bufala), il basilico, il pecorino e l’olio, allora siamo d’accordo sul termine” – continua Enzo ma La Margherita è complicata, e realizzata a regola d’arte, diventa la perfezione fatta pizza. Altrimenti non si spiegherebbe perché da più di un secolo riscuota tanto successo. È raffinata persino nella cromaticità dei colori, che richiamano la bandiera italiana”.

Cento anni: la storia racconta che l’avrebbe preparata la prima volta Raffaele Esposito per la regina Margherita di Savoia nel 1889.

Allora, Enzo: come deve essere preparata la pizza Margherita?

Domanda molto difficile. Iniziamo col dire che, partendo dalla storia, e quindi dovendoci attenere ai documenti, esistono due testi di riferimento: uno datato 1847 di Gaetano Valeriani, e l’altro del 1845 dal titolo “Usi e costumi di Napoli” – un’opera di Francesco de Bourcard  – che dedica alla figura de “Il Pizzajuolo” un intero capitolo dove, oltre alla preparazione della pizza, cita anche gli ingredienti per il condimento, come l’origano, l’aglio, il basilico e talvolta anche il pomodoro (pomidoro) a fette, fresco, perché il pomodoro a quell’epoca era un prodotto solo stagionale”.

Infatti la Cirio avrebbe aperto il primo impianto per la lavorazione industriale del pomodoro in barattolo in Campania solo nel 1875.

“E poi il fior di latte o la mozzarella di bufala: altro dilemma – continua Enzo – ma i due latticini venivano utilizzati solo su richiesta, in base alla disponibilità economica di chi comprava la pizza, perché il fior di latte costava meno. In sintesi, la pizza così come riportano i documenti, chiamata Margherita, quella preparata da Raffaele Esposito, ha tre diverse interpretazioni, che vedono l’impiego del pomodoro fresco San Marzano a pacchetelle e fior di latte, poi la stessa con la variante della mozzarella, e quella con il pomodoro del piennolo che poteva essere conservato appeso in luoghi asciutti, quindi facilmente utilizzabile nel tempo, con l’aggiunta di latticini”.

Di sicuro è confermata la presenza del pecorino grattugiato – altro ingrediente fondamentale – in tutte e tre le varianti. La Margherita di Enzo Coccia è caratterizzata da tre prodotti a marchio dop: pomodori del piennolo, mozzarella di bufala ed olio extravergine, rifinita poi con il formaggio pecorino grattugiato. Ciò comunque non esclude la ricerca e la proposta di pizze Margherita preparate anche con altri ingredienti.

Enzo, quale è la tua Margherita preferita?

“A questa domanda davvero non so rispondere. Non ho preferenze, se non dettate dal momento, da come mi sento, dallo stato d’animo, dalla voglia di cambiare gusto, visto che la percezione sensoriale è una reazione cerebrale e quindi influenzabile. Allora va da sé che un giorno amo la Margherita con il pomodoro San Marzano perché rilascia la tipica sensazione di acidità, un altro giorno desidero la dolcezza del piennolo. Così per la mozzarella di bufala o per il fior di latte…”

Ma Enzo è un perfezionista e tiene a precisare che il gusto della pizza Margherita cambia anche se la foglia di basilico è impiegata prima della cottura (opportunamente cosparsa di olio per evitare bruciature) o all’uscita dal forno, esteticamente molto più attraente, ma che Enzo reputa non integrata nell’insieme degli ingredienti: “saper fare il pizzajuolo significa conoscere tutto della pizza, e non limitarsi a poche regole di base aggiungendo elementi a caso. La pizza è equilibrio delle componenti di acidità, dolcezza, amarezza e sapidità.”

L’arte del pizzaiolo ha ottenuto, nel 2017, la certificazione come Patrimonio Immateriale dell’Unesco. Alla concessione di questo prestigioso riconoscimento ha contribuito anche Enzo Coccia, difensore accanito della qualità, fino al punto di farne una missione della sua vita, a cominciare dal 1994, quando lascia la pizzeria trattoria di famiglia, per aprire la sua: La Notizia, al civico 53 di Via Caravaggio.

Enzo è stato anche uno dei fondatori dell’Associazione Verace Pizza Napoletana, collaborando poi alla codificazione delle dosi per la preparazione dell’impasto della pizza napoletana verace (che porta la sigla di Stg): procedura riconosciuta dal Ministero delle Politiche Agricole.

Oggi nelle sue due pizzerie, che distano pochi metri l’una dall’altra, è aiutato dai figli: Andrea – con una laurea in progettazione del turismo culturale e discussione di tesi sulla pizza – fa il pizzaiolo, mentre Marco si occupa della gestione della sala.

Le pizze più richieste a La Notizia? la Margherita, ovviamente, ha il posto d’onore, seguita dalla pizza Primizie di stagione, che vede l’impiego di verdure rigorosamente stagionali, poi la classica Marinara e la storica Cosacca. Anche la “Doppissima”, preparata con pomodoro San Marzano e pomodoro del piennolo, ha tanti estimatori.

Seguono poi pizze creative che vedono come protagonisti, per i condimenti, ingredienti di eccellenze campane e italiane in generale, il tutto adagiato su un disco di pasta realizzato con tecnica e dedizione, impegno e costanza. Tutti elementi che – dopo un lungo riposo a temperatura giusta e in un luogo adatto – determinano la magia napoletana.

Alla pizzeria La Notizia la tradizione si esprime come rivoluzione ed evoluzione, come strumento per progredire e far sì che la pizza napoletana continui ad essere ambasciatrice dell’arte, della creatività, del territorio e del popolo di Napoli, alimentando quella alchimia tra passato, presente e futuro, che può offrire quanto di più autentico esiste.

Enzo Coccia è anche questo.

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