di Laura Guerra
Distinta base è il modo tecnico organizzativo per dire ricetta, viene rappresentata come un albero e, nel disegno, prevede che il piatto realizzato stia sospeso sulle cime dei rami.
L’amministratore delegato di Rossopomodoro, Roberto Colombo, manager lombardo di Busto Arsizio, felicemente trapiantato a Napoli alla guida del gruppo, vi ricorre per definire l’identità operativa del marchio. Due parole che rivelano il calore di un format che riproposto a partire dalla ricetta della pizza e di tutti i piatti in menu, diventa ambasciatore di Napoli nel mondo. Rossopomodoro, infatti, conta più di cento insegne sparse in Italia da nord a sud e nelle città di Copenaghen, Londra, San Paolo, Monaco di Baviera, Stoccolma, New York.
Tre gli elementi che diffondono la riconoscibilità di questa catena napoletana nata nel 1998: il marchio, il know how delle brigate di cucina e del personale di sala, le materie prime di qualità di produzione italiana prevalentemente campana. Un insieme che garantisce una pizza secondo gli standard di Rossopomodoro eseguita seguendo quella ricetta che è uguale in tutti i punti vendita compresi quelli presenti in aeroporti, stazioni, autogrill.
Grazie al lavoro standardizzato, l’ospite gusta sotto quest’insegna la pizza e i piatti della casa riconoscendone, gusto, consistenze, mix di sapori e profumi. Frutto del lavoro di brigate in cui il pizzaiolo e lo chef executive sono napoletani formati da Antonio Sorrentino ed Enzo De Angelis che supervisionano la composizione dei menu e i cambi stagionali.
Il format è organizzato in modo da garantire un’accoglienza che fa sentire a casa gli ospiti, ad ogni latitudine in un’atmosfera autenticamente partenopea ripresa anche nel claim della campagna pubblicitaria “come un giorno a Napoli”, racconto per immagini, musica e narrazione della filosofia della catena.